lunedì 13 maggio 2013

7. La psicoterapia dei Tarocchi



Quando avevo 9 anni, mi accorsi che in un mobile del salotto mia madre teneva una raccolta di volumi intitolati “Professione Donna” e numerati dall’1 al 21. Guarda caso come le lettere dell’alfabeto. Ciascuno riguardava un settore della “professione” di moglie perfetta: cucina, ricamo, giardinaggio, ecc. Il ventesimo, che per titolo aveva “Tempo libero” mi attrasse subito e iniziai e leggerlo. Conteneva una serie d’informazioni ed esercizi per passatempi paranormali delle casalinghe disperate come la lettura della mano, dei fondi di caffè, dei pianeti. Un capitolo parlava dei Tarocchi. Ignorando allora lo scopo di quel volume — qualche donna, alla fine della sua formazione di casalinga, moglie e mamma avrebbe cercato di usare quelle conoscenze per far sparire il marito, o lanciare il malocchio a qualche sospetta amante — cominciai a studiare questi argomenti con un certo interesse. I primi non m’interessarono più di tanto. Ma i Tarocchi mi affascinarono da subito. Queste carte magiche, con dei disegni misteriosi, bellissimi, che solo a guardarli sembravano sussurrare cose mai sentite prima, segreti lontanissimi. E i loro nomi incredibili: il Mondo, il Bagatto, il Carro, l’Imperatore, le Stelle, la Temperanza, gli Amanti, la Torre, la Papessa…
Ognuno era un quadro. E già a quell’epoca capii che su ciascuno dei 22 arcani maggiori ci si potrebbe soffermare a riflettere o a meditare una vita intera.
A quel tempo ignoravo che i tarocchi, come alcuni giochi che fanno i bambini, fossero i “luoghi” nascosti in cui i cabalisti avevano celato i loro saperi iniziatici in vista di tempi oscuri di repressione e persecuzione della conoscenza. Avevo però capito chiaramente che sono infinite cose, fuorché un gioco di carte.
Chiesi a mia madre di comprarmene un mazzo. Scese in tabaccheria e mi regalò i tarocchi che tuttora uso per le mie consultazioni e i miei studi, sebbene con gli anni ne abbia collezionati diversi tipi.
Il mio approccio fu, come sempre nella mia vita, di tipi scientifico, sperimentale. Non sapevo nulla di Qabbālâ. Né potevo immaginare che un giorno quelle carte sarebbero diventate, nelle mie mani, un potente ed efficace strumento d’indagine psicologica. Volevo solo sperimentare e capire. Come e perché esse riuscivano a rispondere alle domande di una persona? Usai come cavie le ragazze che lavoravano in ufficio con mamma, le quali devo dire si prestarono volentieri. Una delle due, in particolare, rimase talmente colpita da ciò che attraverso le carte avevo descritto della sua vita sentimentale, che per diversi anni mi chiese di rifargliele. Fino al punto in cui aveva chiuso ogni rapporto con il suo ragazzo ed era convinta fosse finita. Le carte dissero il contrario. E in effetti, qualche anno dopo, i due si sono sposati.
Più li facevo, e più i Tarocchi diventavano precisi, affilati, ironici. Erano poeti, parlavano per metafore. Avevo smesso di chiedermi per quale legge fisica il loro magnetismo si modellava sul vissuto dei consultanti. Era troppo affascinante abbandonarmi al loro mistero, tirare a indovinare e centrare sempre la verità. Perché l’immaginazione che essi alimentavano era un atto creativo reale, un esercizio del potenziale più ampio che ha ogni essere umano, e concerne il pensiero come creazione e influenza sulla realtà. Dunque, in qualche modo, una possibile forma di potere. Questo aspetto iniziò a turbarmi.
Quando mi trasferii a Roma, continuai a studiarli e a farli. Perlopiù ai vicini di casa, agli amici e al pilota che viveva in casa con me e, tra un viaggio e l’altro, mi chiedeva consigli sul suo lavoro. Poi smisi per lungo tempo. Accadde un giorno in cui un poliziotto, per sfottermi, venne da me e disse «forza, avanti, io nelle carte non ci credo, sono tutte cazzate, ma se è vero che sei così bravo, dimmi un po’ con chi mi fa le corna mia moglie».
Oggi non gli risponderei, ma a vent’anni si è più immediati. Le carte non ebbero dubbi. «Tua moglie ti tradisce con un uomo biondo che porta una divisa». Il poliziotto divenne pallido e perse la parola. Aveva il sospetto che la moglie si divertisse con qualcuno, ma non avrebbe mai pensato a quello che le carte gli indicavano e che, in effetti, era stato bravo a fargliela di nascosto. Era tutto vero.
Non le feci più per quasi un decennio. Salvo pochissimi casi. Eppure, negli anni, molte persone mi chiedevano fin quasi alla persecuzione di rifargliele. Perché tutto si era realizzato. Ma io intanto studiavo e proseguivo il mio cammino. E la strada che avevo intrapreso si allontanava da quella del potere e della divinazione.
Un giorno mi accorsi però che quello che avevo imparato, in diversi altri rami del sapere, poteva in un certo modo confluire nei Tarocchi solo ed esclusivamente nella forma di uno strumento di psicoterapia. E dato che disperati, nevrotici e abbandonati di tutti i gradi e latitudini mi chiedevano aiuto, era l’occasione giusta per sistemare qualche situazione urgente.
Giunsi persino a mettere un manifestino nella sala d’attesa del mio veterinario — mio cliente d’eccellenza, in cambio di cure per i miei animali — ma quando lui lo lesse, mi chiamò dicendo che ciò che avevo scritto sui Tarocchi “porte simboliche” ecc. non si capiva. Risposi che era fatto apposta. Solo chi capiva il senso delle mie parole, mi avrebbe chiamato con il giusto spirito. E in effetti feci qualche memorabile lettura. Però un giorno mi chiamò una voce femminile, ferrea e severa: «Senta? È lei er cartomante?». Non ebbi il coraggio di dire «sì». Spiegai «no, non sono un cartomante, ma uso le carte per…» e le spiegai. Non fu convinta, era una di quelle che volevano sapere in che ristorante va il marito con l’amante. Mi congedò con ostile diplomazia: «ci faremo risentire».
Ultimamente ho deciso di superare le mie paure e di accettare che i Tarocchi possono aiutare le persone a capire dove si trovano nella loro vita, quali dinamiche sfuggono alla propria comprensione e quali ruoli interpretano, rispetto anche agli altri «attori» della loro esistenza. Figli che fanno da genitori ai propri genitori, mariti che fanno da figli alle ex mogli e da “mariti” alle figlie, donne che hanno tre relazioni allo stesso tempo e neppure un amore, che interpretano anche il ruolo del proprio compagno, che hanno paura di guardare avanti perché vedono troppo lontano, in un mondo di ciclopi e di miopi. Tornerò a farli perché non ci sarà di mezzo alcun potere che non sia quello che ciascuno ha di lavorare su di sé e di migliorarsi. E perché solo rivedendoci in molti specchi, avremo chiaro una volta per tutte chi siamo davvero.

13.05.13 Copyright Gabriele Policardo


7 commenti:

  1. Come mi sento vicina a quello che scrivi...quante volte le carte sono state anche per me la stessa cosa! Ogni volta che le faccio so per certo che decideranno loro come rispondere, se argute e pettegole come le sibille o profonde e introspettive come i tarocchi...ma la cosa che più mi piace è come le carte siano capaci di parlare, raccontare storie, dipingere strade e che si possano sempre spostare mescolare...che ci diano sempre la possibilità di decidere di credergli oppure no... Nelle carte c'è il mondo e il mondo è come le carte...immenso e pieno di sfaccettature come un diamante e come diceva Bernard Shaw egli cambia a seconda dal punto in cui lo guardiamo.

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  2. Di recente, parlandone con le mie amiche e con le persone che conosco, ho scoperto che una semplice lettura di Tarocchi ha agito sulle loro vite in un modo che non mi sarei mai aspettato. Loro ne parlavano come fosse accaduto ieri, e invece sono trascorsi in alcuni casi anni. Solo in questo periodo sto prendendo coscienza dell'importanza di questo strumento, di quanto sia capace d'incidere nella realtà, di mostrare l'essenziale invisibile agli occhi. E mi rendo conto che non mi è mai capitato di leggere due volte le stesse carte. Cambiano, crescono, si evolvono a ogni giro. Grazie del tuo bellissimo commento.

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  3. Bellissimo! Complimenti, concordo!

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  4. Ciao Gabriele, per me le carte sono state fondamentali, non i tarocchi ma quelle degli Angeli. Dopo un brutto divorzio, con conseguenze pesanti sulla mia salute fisica e psicologica, mi sono ritrovata sola e abbattuta in un misero appartamento triste e cupo. Conobbi una vecchietta che mi donò le sopra citate carte. Al momento non le guardai neppure ma poi decisi di prenderle in mano e la domanda che seguì fu istintiva ... "troverò il vero Amore"? Mi uscirono carte che "parlavano"così:
    incontrerai un uomo che lavora in un posto di giustizia e che porta una divisa ..... Bé é 13 anni che sono felicemente sposata con un cuoco meraviglioso che lavora in un penitenziario!!!
    Un abbraccio, Sabrina

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  5. Io quando ero più piccolo le avevo, e le usavo per gioco......mi sorpresi nel vedere che alla solita domanda usciva sempre la solita carta......ne ebbi cosi paura che le buttai via....spinto anche da mia madre. .e non le ho più usate, oggi però mi son fatto, a mano, delle rune.

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  6. Complimenti è veramente sentito, autentico vero quello che scrivi...
    bellissimo percorso.
    Buona Vita,
    Massimo

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  7. le carte non mentono mai. sono il nostro specchio. a volte però ci ostiniamo a dare dei significati mentali per "farcele piacere"; invece meno le filtriamo più sono veritiere.

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