Quando avevo 9
anni, mi accorsi che in un mobile del salotto mia madre teneva una raccolta di
volumi intitolati “Professione Donna” e numerati dall’1 al 21. Guarda caso come
le lettere dell’alfabeto. Ciascuno riguardava un settore della “professione” di
moglie perfetta: cucina, ricamo, giardinaggio, ecc. Il ventesimo, che per
titolo aveva “Tempo libero” mi attrasse subito e iniziai e leggerlo. Conteneva
una serie d’informazioni ed esercizi per passatempi paranormali delle
casalinghe disperate come la lettura della mano, dei fondi di caffè, dei
pianeti. Un capitolo parlava dei Tarocchi. Ignorando allora lo scopo di quel
volume — qualche donna, alla fine della sua formazione di casalinga, moglie e
mamma avrebbe cercato di usare quelle conoscenze per far sparire il marito, o
lanciare il malocchio a qualche sospetta amante — cominciai a studiare questi
argomenti con un certo interesse. I primi non m’interessarono più di tanto. Ma
i Tarocchi mi affascinarono da subito. Queste carte magiche, con dei disegni
misteriosi, bellissimi, che solo a guardarli sembravano sussurrare cose mai
sentite prima, segreti lontanissimi. E i loro nomi incredibili: il Mondo, il
Bagatto, il Carro, l’Imperatore, le Stelle, la Temperanza, gli Amanti, la
Torre, la Papessa…
Ognuno era un
quadro. E già a quell’epoca capii che su ciascuno dei 22 arcani maggiori ci si
potrebbe soffermare a riflettere o a meditare una vita intera.
A quel tempo
ignoravo che i tarocchi, come alcuni giochi che fanno i bambini, fossero i
“luoghi” nascosti in cui i cabalisti avevano celato i loro saperi iniziatici in
vista di tempi oscuri di repressione e persecuzione della conoscenza. Avevo
però capito chiaramente che sono infinite cose, fuorché un gioco di carte.
Chiesi a mia
madre di comprarmene un mazzo. Scese in tabaccheria e mi regalò i tarocchi che
tuttora uso per le mie consultazioni e i miei studi, sebbene con gli anni ne
abbia collezionati diversi tipi.
Il mio approccio
fu, come sempre nella mia vita, di tipi scientifico, sperimentale. Non sapevo
nulla di Qabbālâ. Né potevo
immaginare che un giorno quelle carte sarebbero diventate, nelle mie mani, un
potente ed efficace strumento d’indagine psicologica. Volevo solo sperimentare
e capire. Come e perché esse riuscivano a rispondere alle domande di una
persona? Usai come cavie le ragazze che lavoravano in ufficio con mamma, le
quali devo dire si prestarono volentieri. Una delle due, in particolare, rimase
talmente colpita da ciò che attraverso le carte avevo descritto della sua vita
sentimentale, che per diversi anni mi chiese di rifargliele. Fino al punto in
cui aveva chiuso ogni rapporto con il suo ragazzo ed era convinta fosse finita.
Le carte dissero il contrario. E in effetti, qualche anno dopo, i due si sono
sposati.
Più li facevo, e
più i Tarocchi diventavano precisi, affilati, ironici. Erano poeti, parlavano
per metafore. Avevo smesso di chiedermi per quale legge fisica il loro
magnetismo si modellava sul vissuto dei consultanti. Era troppo affascinante
abbandonarmi al loro mistero, tirare a indovinare e centrare sempre la verità.
Perché l’immaginazione che essi alimentavano era un atto creativo reale, un
esercizio del potenziale più ampio che ha ogni essere umano, e concerne il
pensiero come creazione e influenza sulla realtà. Dunque, in qualche modo, una
possibile forma di potere. Questo aspetto iniziò a turbarmi.
Quando mi
trasferii a Roma, continuai a studiarli e a farli. Perlopiù ai vicini di casa,
agli amici e al pilota che viveva in casa con me e, tra un viaggio e l’altro,
mi chiedeva consigli sul suo lavoro. Poi smisi per lungo tempo. Accadde un
giorno in cui un poliziotto, per sfottermi, venne da me e disse «forza, avanti,
io nelle carte non ci credo, sono tutte cazzate, ma se è vero che sei così
bravo, dimmi un po’ con chi mi fa le corna mia moglie».
Oggi non gli
risponderei, ma a vent’anni si è più immediati. Le carte non ebbero dubbi. «Tua
moglie ti tradisce con un uomo biondo che porta una divisa». Il poliziotto
divenne pallido e perse la parola. Aveva il sospetto che la moglie si
divertisse con qualcuno, ma non avrebbe mai pensato a quello che le carte gli
indicavano e che, in effetti, era stato bravo a fargliela di nascosto. Era tutto
vero.
Non le feci più
per quasi un decennio. Salvo pochissimi casi. Eppure, negli anni, molte persone
mi chiedevano fin quasi alla persecuzione di rifargliele. Perché tutto si era
realizzato. Ma io intanto studiavo e proseguivo il mio cammino. E la strada che
avevo intrapreso si allontanava da quella del potere e della divinazione.
Un giorno mi
accorsi però che quello che avevo imparato, in diversi altri rami del sapere,
poteva in un certo modo confluire nei Tarocchi solo ed esclusivamente nella
forma di uno strumento di psicoterapia. E dato che disperati, nevrotici e
abbandonati di tutti i gradi e latitudini mi chiedevano aiuto, era l’occasione
giusta per sistemare qualche situazione urgente.
Giunsi persino a
mettere un manifestino nella sala d’attesa del mio veterinario — mio cliente d’eccellenza,
in cambio di cure per i miei animali — ma quando lui lo lesse, mi chiamò dicendo
che ciò che avevo scritto sui Tarocchi “porte simboliche” ecc. non si capiva. Risposi
che era fatto apposta. Solo chi capiva il senso delle mie parole, mi avrebbe
chiamato con il giusto spirito. E in effetti feci qualche memorabile lettura. Però
un giorno mi chiamò una voce femminile, ferrea e severa: «Senta? È lei er
cartomante?». Non ebbi il coraggio di dire «sì». Spiegai «no, non sono un
cartomante, ma uso le carte per…» e le spiegai. Non fu convinta, era una di
quelle che volevano sapere in che ristorante va il marito con l’amante. Mi congedò
con ostile diplomazia: «ci faremo risentire».
Ultimamente ho
deciso di superare le mie paure e di accettare che i Tarocchi possono aiutare
le persone a capire dove si trovano nella loro vita, quali dinamiche sfuggono
alla propria comprensione e quali ruoli interpretano, rispetto anche agli altri
«attori» della loro esistenza. Figli che fanno da genitori ai propri genitori,
mariti che fanno da figli alle ex mogli e da “mariti” alle figlie, donne che
hanno tre relazioni allo stesso tempo e neppure un amore, che interpretano anche
il ruolo del proprio compagno, che hanno paura di guardare avanti perché vedono
troppo lontano, in un mondo di ciclopi e di miopi. Tornerò a farli perché non
ci sarà di mezzo alcun potere che non sia quello che ciascuno ha di lavorare su
di sé e di migliorarsi. E perché solo rivedendoci in molti specchi, avremo
chiaro una volta per tutte chi siamo davvero.
13.05.13
Copyright Gabriele Policardo
Come mi sento vicina a quello che scrivi...quante volte le carte sono state anche per me la stessa cosa! Ogni volta che le faccio so per certo che decideranno loro come rispondere, se argute e pettegole come le sibille o profonde e introspettive come i tarocchi...ma la cosa che più mi piace è come le carte siano capaci di parlare, raccontare storie, dipingere strade e che si possano sempre spostare mescolare...che ci diano sempre la possibilità di decidere di credergli oppure no... Nelle carte c'è il mondo e il mondo è come le carte...immenso e pieno di sfaccettature come un diamante e come diceva Bernard Shaw egli cambia a seconda dal punto in cui lo guardiamo.
RispondiEliminaDi recente, parlandone con le mie amiche e con le persone che conosco, ho scoperto che una semplice lettura di Tarocchi ha agito sulle loro vite in un modo che non mi sarei mai aspettato. Loro ne parlavano come fosse accaduto ieri, e invece sono trascorsi in alcuni casi anni. Solo in questo periodo sto prendendo coscienza dell'importanza di questo strumento, di quanto sia capace d'incidere nella realtà, di mostrare l'essenziale invisibile agli occhi. E mi rendo conto che non mi è mai capitato di leggere due volte le stesse carte. Cambiano, crescono, si evolvono a ogni giro. Grazie del tuo bellissimo commento.
RispondiEliminaBellissimo! Complimenti, concordo!
RispondiEliminaCiao Gabriele, per me le carte sono state fondamentali, non i tarocchi ma quelle degli Angeli. Dopo un brutto divorzio, con conseguenze pesanti sulla mia salute fisica e psicologica, mi sono ritrovata sola e abbattuta in un misero appartamento triste e cupo. Conobbi una vecchietta che mi donò le sopra citate carte. Al momento non le guardai neppure ma poi decisi di prenderle in mano e la domanda che seguì fu istintiva ... "troverò il vero Amore"? Mi uscirono carte che "parlavano"così:
RispondiEliminaincontrerai un uomo che lavora in un posto di giustizia e che porta una divisa ..... Bé é 13 anni che sono felicemente sposata con un cuoco meraviglioso che lavora in un penitenziario!!!
Un abbraccio, Sabrina
Io quando ero più piccolo le avevo, e le usavo per gioco......mi sorpresi nel vedere che alla solita domanda usciva sempre la solita carta......ne ebbi cosi paura che le buttai via....spinto anche da mia madre. .e non le ho più usate, oggi però mi son fatto, a mano, delle rune.
RispondiEliminaComplimenti è veramente sentito, autentico vero quello che scrivi...
RispondiEliminabellissimo percorso.
Buona Vita,
Massimo
le carte non mentono mai. sono il nostro specchio. a volte però ci ostiniamo a dare dei significati mentali per "farcele piacere"; invece meno le filtriamo più sono veritiere.
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