giovedì 17 aprile 2014

Amore e potere



Il ruolo del potere in terapia è simile in amore. Amore e odio non sono opposti — si scopre frequentemente che l’odio esiste e si nutre quando l’amore non può essere espresso e diventa una diversa forma di conflitto (e di persecuzione). È il potere l’opposto dell’amore, in quanto viola, umilia, strumentalizza e soffoca tutto ciò che l’amore rappresenta. L’uomo è un essere dotato di coscienza e può sviluppare la propria per entrare in connessione con una più ampia. Vive costantemente, in infinite digradazioni e livelli, due «respirazioni»: l’una orizzontale, l’altra verticale. Queste due respirazioni corrispondono, semplificando, ai concetti di «Aldiquà» e «Aldilà». I due piani sono naturalmente compenetrati e in costante comunicazione: da qui nasce l’arcano XII, L’Appeso, colui che è «rapito dall’Alto», ovvero invece di camminare nell’Aldiquà con la testa puntata nell’Aldilà, cammina nell’Aldilà sfiorando la terra con il capo. È soggetto pertanto a una gravitazione diversa, quella dello spirito. La sua fisica si modifica progressivamente, fino a essere quasi incommensurabile a quella terrena (questo può produrre una serie di problemi pratici narrati da alcuni grandi ricercatori del passato). In terapia e in amore, ogni Innamorato è anche «Appeso»: serve cioè una coscienza più ampia, obbedisce a leggi divine, riconosce sempre e serve il Dio che è in sé e negli altri. Quindi è tutto l’opposto del potere, ovvero la legge che vige nelle dinamiche dell’Aldiquà: il conflitto, l’opposizione, la contro-versia, la sopraffazione, la lotta per l’esistenza, la volontà-di-potenza. Quando io amo, quando io curo, mi annullo per onorare l’altro, se e solo se l’altro è disposto a fare lo stesso. In due costruiamo una relazione, un percorso di crescita, una via della guarigione. Con-versiamo, ovvero riempiamo un comune contenitore che arricchisce e disseta entrambi. Respiriamo l’uno l’ossigeno dell’altro e lo ricambiamo. Siamo non più in competizione, ma in cooperazione e collaborazione per l’esistenza e la nostra volontà è solo quella di servizio.
Molti terapisti conducono la persona di cui si stanno occupando fino al «livello» che hanno raggiunto, dopo di che temono di non poterla guidare oltre, o semplicemente non vogliono perderla, per cui iniziano a esercitare un potere, a minarne le sicurezze anche faticosamente acquisite, a creare una struttura di limiti, divieti, tabù e, soprattutto, a indurre un senso di colpa. Costruiscono un muro mentale, solido, che è come le Colonne d’Ercole dell’Anima: solo un coraggioso o un incosciente oserebbero sfidarle. 
Accade lo stesso in amore: le dinamiche di potere rendono irrespirabile l’aria di una relazione, come asfissiante è l’aria che respira una persona in cerca della Vita, già al suo cospetto, che sia preda del possesso, del dominio, della manipolazione di un terapista. La guarigione è una forma d’amore. E come l’amore non può essere passato da un individuo all’altro, dev’essere ricercato dentro di sé, perseguito, alimentato, difeso, scelto ogni giorno. Per questo chi ha il dono di vedere e sentire le correnti dello spirito si accorge subito delle situazioni in cui la «respirazione orizzontale» inquina una relazione e impedisce alla «respirazione verticale» d’introdurre energia pulita, coscienza viva e vivificante, forza guaritrice e trasformatrice. Chiunque agisca nel suo nome e non nel nome di un Maestro, corre questo rischio; chi controlla l’energia degli altri e favorisce processi altrui, senza mai fare un lavoro su di sé, senza mai esporsi, mettersi in discussione, ricercare e inchinarsi a un’autorità più alta, pecca di megalomania, è una persona potenzialmente pericolosa. Sia che la si scelga per risolvere un problema, sia che la si elegga per averla accanto nel cammino dell’esistenza.
— Gabriele Policardo

mercoledì 9 aprile 2014

L'Amore e il nuovo Umanesimo



L’essere umano è formato da molte parti, delle quali le più importanti sono impossibili da misurare e da vedere — salvo per chi dispone di certe “doti” sottili. Siamo entrati nettamente da circa un anno in una nuova consapevolezza globale, in cui tornerà sempre più al centro di tutto l’uomo-spirito, inteso come unione di anima, psiche e corpo; conseguentemente, si dissolveranno in maniera progressiva e sempre più rapida tutti i sistemi, le strutture, le consuetudini che hanno per fondamento la divisione, ovvero la considerazione parziale dell’uomo: solo psiche (i sistemi psicologici e filosofici), solo anima (le religioni assolutiste), solo corpo (il materialismo che ha imperato per oltre un secolo e che è culminato nei grandi movimenti scientisti e nichilisti). Questo nuovo umanesimo si percepirà soprattutto nelle relazioni interpersonali, in particolare a livello sentimentale. Sembra che il progresso, il Sessantotto, il femminismo e tutti gli altri movimenti che tendevano a contrapporre la collettività a un gruppo ristretto, abbiano solo aggravato — al netto di alcune innegabili conquiste civili — la divisione, i conflitti, la disidentificazione tra gli individui. Oggi abbiamo bisogno di ritrovarci, riconoscerci, riconciliarci e rispecchiarci; identificarci e arricchirci gli uni gli altri. Oltre il grosso limite delle molte mistificazioni che hanno imperato per decenni, con lo scopo di costruire una nuova sensibilità sulle macerie di discorsi sterili e concezioni riduzioniste dell’uomo e dei suoi processi psicologici, animici e fisiologici. Una di queste mistificazioni, a mio avviso la più disastrosa, riguarda la dissociazione tra amore fisico e amore spirituale, elevando a conquista evolutiva la disintegrazione dell’individuo. Su questo argomento trovo curioso e al contempo assai spiacevole che le donne abbiano finito col seguire l’esempio e la sensibilità (o insensibilità) maschile. Non trovo niente che sia degno di celebrazione nell’aver creato una società di dissociati sentimentali, di amputati affettivi, di mutilati nella psiche e nell’anima, che passano da una relazione all’altra. Non è una conquista aver ridotto l’essere umano, un vero capolavoro vivente, a un settimo del suo potenziale (quello fisico, corporeo), privandolo dei restanti sei livelli, come non sarebbe auspicabile un mondo illuminato dalla sola luce rossa, privata delle restanti sei frequenze che compongono la radiazione completa (della quale, come per l’uomo, molta parte è invisibile seppur importantissima). Il danno è l’aver costruito un sistema di credenza — quasi una vera e propria religione — su questo equivoco, frutto di una involuzione spirituale della specie. Alla base di questo sistema c’è una legge anti-economica, cioè la convinzione che investendo un settimo del proprio potenziale, nel caso di esiti infausti, si eviti la restante parte di sofferenza, mancanza, struggimento, si abbia quindi “meno da perdere”. Il senso è: «per non perdere quasi nulla, investo quasi nulla». Così finisco con l’identificarmi nel «quasi nulla» e vivere una vita quasi nulla.  Nessuna società umana in crisi, economica o psicologica, verrà mai guarita né risanata attraverso una riduzione progressiva degli investimenti. È piuttosto necessario il contrario: investire tutto, iniettare tutte le proprie energie, entusiasmi, valori, talenti e creatività; respirare a pieni polmoni e respirare aria intrisa di vita e di energia, portando questo respiro agli altri, agonizzanti in asfissia. Di ciò che accadrà, degli esiti infausti o meno, non può e non deve importare ad alcuno. L’essere umano è fatto per vivere appieno la propria natura, per avere scambi totali e continui, per relazioni assolute e per un completo esercizio — in condivisione — della propria responsabilità. Tutto ciò che va contro questa realtà, va contro le leggi della natura e dello spirito. Chi per paura, egoismo, irresponsabilità o pigrizia non tende la mano alla vita, già sta respirando l’aria intrisa di morte che sta letteralmente decimando gli individui che sono vittime di queste credenze. Annullati e sopraffatti, annientati dal loro «quasi nulla». Si tratta quindi di un’ecologia dell’Anima. Abbiamo speso decenni a inquinare gli uni l’aria degli altri. È ora necessario produrre, respirare e condividere aria nuova: immergersi senza esitare nel fiume della vita, ovunque le sue correnti ci condurranno.
(Gabriele Policardo)