Conosco bene la storia di una donna che
desidera con tutto il cuore qualcosa, si scontra con i genitori e finisce che
fa la ragioniera. È la storia di mia madre. Tutta la mia fanciullezza è
trascorsa con l’immagine di mia madre, un genio di madre, perennemente alla
scrivania, giorno e notte (aveva lo studio dentro casa, non ha smesso di
lavorare per 30 anni). Non so come abbia fatto ad essere così brava: forse
erano due e si davano il cambio in bagno, come Superman e Clark Kent. Dicevo,
quando mia madre osò dichiarare che avrebbe desiderato iscriversi all’istituto
d’arte, mia nonna, Ornella von Kappler, disse «no, tu devi fare lo
scientifico». Mia madre, che è mancina, concluse «piuttosto che dartela vinta
m’iscrivo a ragioneria». E così fece. Ora, chi ama i numeri e la psicologia,
non avrà difficoltà a trovare fascino nel mestiere di commercialista, in un
paese devastato dai ladri, amministrato da schizofrenici e soffocato da leggi
che correggono, integrano, cancellano, ripristinano, riannnullano altre leggi.
Ma a una persona amante dell’arte, della bellezza, della creazione, del senso
estetico, è meglio spezzare le ali. E così mi disse, infatti. Quando le
chiedevo da piccolo se avrei dovuto fare il commercialista come lei, mi
guardava come la bambina dell’esorcista e rispondeva «piuttosto ti spezzo le
gambe». Ogni tanto tirava fuori una pistola grigia e si sparava una dose di un
farmaco contro il mal di testa che costava 100 mila lire. Questa era mia madre.
Un capolavoro vivente con una pistola di plastica in mano contro il proprio
corpo che si opponeva alla mortificazione della sua grande anima. Ma un giorno
ha capito e ha mollato tutto, dandosi al giardinaggio, ai gatti e ai bavaglini.
A proposito, se vi servono bavaglini da regalare ai vostri bambini o ad amici
che hanno appena avuto dei figli, ditelo a me: la farete felice se le comprate
un bavaglino ricamato a mano personalizzato.
Oggi ho avuto una incontro con una
persona che mi ha ricordato tanto mamma. Perché anche lei ha scelto il mestiere
di ragioniera per obbligo dei propri genitori. Per inciso: imporre una scuola
che si detesta non è un atto di disamore o di sadismo dei genitori, è un modo
un po’ deviato e grossolano di manifestare il proprio amore nella forma di una
spasmodica ansia, di una preoccupazione preventiva che tra vent’anni non trovi
lavoro. Hanno sbagliato tutti, perché alla fine oggi nessuno lavora più. Tanto
valeva fare l’istituto d’arte o il classico.
Questa persona, per anagrafe portatrice
di bellezza, si è alzata stamattina e si è accorta che non ne può più del lavoro
che ha scelto di scegliere, del suo capo, del suo collega che la maltratta, e
che la seduce assai di più la strana alchimia magnetica per cui tutti quelli
che hanno un problema glielo vanno a dire. E lei trova per loro delle
soluzioni.
Salta fuori subito che da sempre si è
occupata di studi e ricerche terapeutiche, e ama molto lo studio delle piante e
le proprietà delle erbe. Non ha però considerato di fare di questa sua
passione, che è la propria missione, il lavoro della sua vita. Ha scelto la via
assai più ripida e dispendiosa di fare un lavoro di facciata ed esprimere il
proprio talento privatamente, come dovesse vergognarsene, e nel tempo libero.
«Scusa, che cosa hai studiato stanotte?»
le ho chiesto. «L’acido ascorbico». Ribatto: «e ti pare normale che una
ragioniera si emozioni con l’acido ascorbico?».
La vita apre delle finestre. Una
evidentemente si è aperta oggi nella vita di questa grande donna. Se lei si
affaccia e vede passare, per la strada soleggiata e d’oro, la ragazza di 23
anni che era quando chiuse tutti questi tesori in un buio forziere, scoprirà
l’isola del tesoro. E anche il mondo ne sarà arricchito. Perché un’erborista
terapista serve francamente più di un ragioniere in un’epoca di trasformazione,
evoluzione e fallimenti dei grandi casermoni del consumismo.
Ma deve comunque essere grata ai suoi. Se
in fondo l’avessero incoraggiata a fare la farmacista, oggi quasi certamente si
mangerebbe le mani, perché costretta a dare a ogni persona un farmaco con la
certezza perenne che sia inutile, superfluo o addirittura controproducente. E
non c’è dannazione peggiore che essere costretti a esercitare la propria
passione con l’obbligo di tradirla ogni giorno.
21.05.13 Copyright Gabriele Policardo