L’essere umano è formato da molte parti, delle
quali le più importanti sono impossibili da misurare e da vedere — salvo per
chi dispone di certe “doti” sottili. Siamo entrati nettamente da circa un anno
in una nuova consapevolezza globale, in cui tornerà sempre più al centro di
tutto l’uomo-spirito, inteso come unione di anima, psiche e corpo;
conseguentemente, si dissolveranno in maniera progressiva e sempre più rapida
tutti i sistemi, le strutture, le consuetudini che hanno per fondamento la
divisione, ovvero la considerazione parziale dell’uomo: solo psiche (i sistemi
psicologici e filosofici), solo anima (le religioni assolutiste), solo corpo
(il materialismo che ha imperato per oltre un secolo e che è culminato nei
grandi movimenti scientisti e nichilisti). Questo nuovo umanesimo si percepirà
soprattutto nelle relazioni interpersonali, in particolare a livello
sentimentale. Sembra che il progresso, il Sessantotto, il femminismo e tutti
gli altri movimenti che tendevano a contrapporre la collettività a un gruppo
ristretto, abbiano solo aggravato — al netto di alcune innegabili conquiste
civili — la divisione, i conflitti, la disidentificazione tra gli individui. Oggi
abbiamo bisogno di ritrovarci, riconoscerci, riconciliarci e rispecchiarci;
identificarci e arricchirci gli uni gli altri. Oltre il grosso limite delle
molte mistificazioni che hanno imperato per decenni, con lo scopo di costruire
una nuova sensibilità sulle macerie di discorsi sterili e concezioni
riduzioniste dell’uomo e dei suoi processi psicologici, animici e fisiologici. Una
di queste mistificazioni, a mio avviso la più disastrosa, riguarda la
dissociazione tra amore fisico e amore spirituale, elevando a conquista
evolutiva la disintegrazione dell’individuo. Su questo argomento trovo curioso
e al contempo assai spiacevole che le donne abbiano finito col seguire l’esempio
e la sensibilità (o insensibilità) maschile. Non trovo niente che sia degno di
celebrazione nell’aver creato una società di dissociati sentimentali, di
amputati affettivi, di mutilati nella psiche e nell’anima, che passano da una
relazione all’altra. Non è una conquista aver ridotto l’essere umano, un vero
capolavoro vivente, a un settimo del suo potenziale (quello fisico, corporeo),
privandolo dei restanti sei livelli, come non sarebbe auspicabile un mondo
illuminato dalla sola luce rossa, privata delle restanti sei frequenze che
compongono la radiazione completa (della quale, come per l’uomo, molta parte è
invisibile seppur importantissima). Il danno è l’aver costruito un sistema di
credenza — quasi una vera e propria religione — su questo equivoco, frutto di
una involuzione spirituale della specie. Alla base di questo sistema c’è una
legge anti-economica, cioè la convinzione che investendo un settimo del proprio
potenziale, nel caso di esiti infausti, si eviti la restante parte di
sofferenza, mancanza, struggimento, si abbia quindi “meno da perdere”. Il senso
è: «per non perdere quasi nulla, investo quasi nulla». Così finisco con l’identificarmi
nel «quasi nulla» e vivere una vita quasi nulla. Nessuna società umana in crisi, economica o
psicologica, verrà mai guarita né risanata attraverso una riduzione progressiva
degli investimenti. È piuttosto necessario il contrario: investire tutto,
iniettare tutte le proprie energie, entusiasmi, valori, talenti e creatività;
respirare a pieni polmoni e respirare aria intrisa di vita e di energia,
portando questo respiro agli altri, agonizzanti in asfissia. Di ciò che
accadrà, degli esiti infausti o meno, non può e non deve importare ad alcuno. L’essere
umano è fatto per vivere appieno la propria natura, per avere scambi totali e
continui, per relazioni assolute e per un completo esercizio — in condivisione —
della propria responsabilità. Tutto ciò che va contro questa realtà, va contro
le leggi della natura e dello spirito. Chi per paura, egoismo, irresponsabilità
o pigrizia non tende la mano alla vita, già sta respirando l’aria intrisa di
morte che sta letteralmente decimando gli individui che sono vittime di queste
credenze. Annullati e sopraffatti, annientati dal loro «quasi nulla». Si tratta
quindi di un’ecologia dell’Anima. Abbiamo speso decenni a inquinare gli uni l’aria
degli altri. È ora necessario produrre, respirare e condividere aria nuova: immergersi
senza esitare nel fiume della vita, ovunque le sue correnti ci condurranno.
(Gabriele Policardo)
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